15 Apr Orto senza fatica
Finite le gelate invernali è il momento di piantare le piantine. Ad aprile o maggio siete ancora in tempo. Io evito la semina e le compro già grandine. Le pioggerelline di questi giorni aiutano tantissimo la messa a dimora.
Io faccio un buchino, smuovo la terra un minimo per non disturbare i lombrichi e non rompere le radici delle piante che ci sono già. Poi metto un po’ di terriccio e copro tutto col cippato.
Se va va. Sennò pazienza. Mio nonno faceva un signore orto con tanto di “gombine” e cura quotidiana! Io non ho le competenze e un impegno così non lo reggo, ma è vero anche che ho della terra e mi piace mettere tutto a frutto. Ho preso coraggio grazie ad un corso di Ron Finley seguito su Masterclass.com . Lui è un designer famoso (quindi condividiamo lo stesso mindset) ed è diventato virale grazie ad un suo discorso TED.
Il mio è un giardino commestibile.
Non ho un vero e proprio orto. Mi limito a piantare qualche varietà di ortaggi sotto al frutteto a spalliera che si trova lungo le aiuole che delimitano il giardino a ovest.
In questo modo si crea un piccolo ecosistema di sole e ombra (che con questo clima ormai impazzito fa bene pure ai pomodori). In questo ecosistema le piantine godono di almeno altri due vantaggi:
- non serve concimare perché l’ humus si rinnova ogni inverno con le foglie e i frutti che cadono e non devo raccogliere
- non devo irrigare più di tanto perché il cippato mantiene il terreno umido. Diciamo che quando sciacquo la verdura poi porto l’acqua ai pomodori. Anche quando svuoto la piscinetta gonfiabile (senza cloro) lo faccio col bagna fiori
Non godo di chissà che produzione, ma ottengo quel che basta affinché i bambini possano uscire e trovare quotidianamente qualcosa da sgranocchiare o portare in tavola: zucchine (con relativi fiori di zucca da friggere), pomodorini, cetrioli, bietta colorata. Queste ultime sono tanto belle da vedere tutto l’anno!
Poi ho anche fragole e more a volontà! Riesco a fare confetture e gelati.
In passato ho avuto successo anche con le zucche e i peperoncini piccanti.
Diciamo che, pur non avendo nessuna competenza, sto sfruttando il principio della permacultura.
Mi piacerebbe pensare di essere (o diventare) una specie di Ruth Stout 🙂 La storia di questa donna è straordinaria: nata a fine ‘800 ha seguito il marito dalla città alla campagna americana. Qui ha iniziato a coltivare seguendo il metodo classico: arare, concimare con fertilizzanti chimici, irrigare e poi diserbare. Insomma un sacco di lavoro. Piano piano però ha preso ad essere più spontanea: copriva le erbe con la paglia, buttava i semi e bulbi di ciò che voleva coltivare, limitandosi a raccogliere. È arrivata così ad avere la produzione necessaria alla sussistenza di due persone per un anno.
Oggi c’è un signore, laureto in agraria e di grande esperienza, che ha messo appunto il “non metodo Cappello” nel quale vorrei cimentarmi, peccato che io non abbia le dimensioni minime consigliate. Il suo inventore infatti prevede di coprire una superficie di almeno 9 metri quadri con trenta centimetri di fieno. Questa “coltivazione elementare” è un inno au un nuovo tipo di civiltà e al NON fare. Insomma, coltivare senza fatica: il sogno di tutti!